Emofilia

Emofilia codice esenzione RDG020

L’emofilia è una malattia genetica rara ed ereditaria che inficia sul normale processo di coagulazione, in quanto vi è in questi pazienti la carenza di un fattore indispensabile per questo processo. Questo si traduce in un maggior rischio emorragico e in un maggior tempo di cessazione di questo processo. A seconda del fattore deficitario, si contraddistinguono tre tipi di emofilia: A, B e C.
Tipologie di emofilia
A seconda del fattore della coagulazione coinvolto, si distinguono tre tipi di emofilia:
Emofilia A: carenza del fattore VIII
Emofilia B: carenza del fattore IX
Emofilia C: carenza del fattore XI
Epidemiologia dell’emofilia
L’emofilia è una malattia genetica rara che colpisce maggiormente gli individui maschi. Da un punto di vista epidemiologico, circa un maschio su 6.000 nasce con l’emofilia di tipo A, mentre un maschio su 30.000 nasce con l’emofilia di tipo B.
Nelle donne l’emofilia, sia di tipo A che di tipo B, è ancora più rara in quanto richiede che entrambi i genitori siano portatori di un cromosoma mutato.
Caso a parte è rappresentato dall’emofilia di tipo C: questa tipologia è ancora più rara e colpisce, con uguale probabilità, sia i maschi che le femmine.
Come si trasmette l’emofilia e da cosa è causata
Nella maggior parte dei casi, all’origine dell’emofilia è presente una mutazione genetica del cromosoma sessuale X, trasmessa dai genitori ai figli. Tale mutazione del cromosoma X è di tipo recessivo, ovvero la donna, provvista di due cromosomi X, manifesta la malattia solamente se entrambi i suoi cromosomi sessuali sono mutati (possibilità assai remota).
Quando ad essere mutato è un solo cromosoma X, l’altro sano compensa le mancanze del primo e provvede lui stesso a produrre il fattore della coagulazione mancante.
Nell’uomo, viceversa, il cromosoma X è uno soltanto e una sua mutazione è fatale e senza alternative. Di conseguenza, il processo coagulativo manca, in modo irrimediabile, di una componente fondamentale.
Padre sano e madre portatrice
L’unione tra una donna, avente un solo cromosoma X mutato (per questo detta portatrice sana), e un uomo sano può avere le seguenti conseguenze:
I figli maschi hanno la stessa probabilità (50%) di nascere sani o malati. Il cromosoma Y deriva dal padre; di conseguenza, quello X proviene dalla madre. Se si tratta di quello mutato, il figlio nascerà affetto dalla malattia
Le figlie femmine hanno la stessa probabilità (50%) di nascere portatrici sane o del tutto sane. Esse, infatti, ereditano dal padre il cromosoma X sano. L’altro cromosoma X, ereditato dalla madre, può essere malato o sano
Padre malato e madre portatrice
Essendo l’emofilia una malattia compatibile con la vita, un uomo malato può avere dei figli. La sua unione con una donna portatrice sana può dar vita a:
Figli maschi con la stessa probabilità (50%) di nascere sani o malati. È il cromosoma X materno a determinare lo stato di salute del figlio maschio, perché, dal padre, eredita solo il cromosoma Y
Figlie femmine con la stessa probabilità (50%) di nascere portatrici sane o malate. Esse ereditano sicuramente un cromosoma X mutato dal padre. L’altro cromosoma, quello di provenienza materna, può essere sano oppure mutato
Padre malato e madre sana
In questo caso la sua unione con una donna sana può avere due conseguenze:
I figli maschi nascono tutti sani, perché manca la componente mutata da parte materna.
Le figlie femmine nascono tutte portatrici sane, perché ricevono tutte dal padre il cromosoma X mutato
Diagnosi di emofilia
La diagnosi di emofilia può essere semplicemente fatta analizzando i sintomi che lamenta il paziente. Tuttavia, la conferma diagnostica è possibile solamente dopo aver effettuato un esame del sangue tramite il quale si misurano le quantità dei fattori della coagulazione presenti.
Questo permette di stabilire il tipo di emofilia e il grado di severità. In riferimento alla trasmissione, la donna in stato di gravidanza che ha una storia familiare di emofilia può sottoporre il proprio feto a un test genetico per sapere se è portatore o meno della malattia.
Sintomi di emofilia
Il principale sintomo dell’emofilia (di qualsiasi tipo essa sia) è la perdita di sangue prolungata anche solamente dopo un leggero trauma esterno o interno. A questo si aggiungono ulteriori sintomi, quali:

Ematomi estesi e profondi
Emartro con conseguente dolore e gonfiore articolare
Emorragie ed ematomi “spontanei”
Ematuria, rettorraggia, ematochezia e melena
Emorragia prolungata dopo l’estrazione di un dente
Epistassi
Irritabilità (nei bambini di età infantile)
Astenia

È importante sottolineare come questi sintomi non si presentino sempre allo stesso modo; ciò in quanto più è carente il fattore della coagulazione coinvolto nell’emofilia (a prescindere dal tipo), più le manifestazioni sopracitate saranno gravi.
In base alla quantità di fattore della coagulazione presente, l’emofilia si può distinguere in:
Lieve: la quantità di fattore della coagulazione è compresa tra il 5 e il 50% del normale. In questo caso la malattia non desta particolari problemi, salvo in alcune occasioni. Ad esempio, ci si accorge che l’emorragia ha tempi più lunghi del solito quando ci si ferisce per la prima volta in modo grave o dopo la prima estrazione dentaria
Moderata: le quantità di fattore della coagulazione sono assai ridotte (tra l’1 e il 5% rispetto alla quota normale). Le conseguenze di questa condizione sono palesi: il paziente manifesta, anche in presenza di un trauma di modesta entità, ematomi estesi, lunghi sanguinamenti ed emorragie all’interno delle articolazioni (emartro). Quest’ultime riguardano soprattutto le ginocchia e le caviglie e causano dolore, gonfiore e senso di rigidezza articolare
Grave: la dose di fattore della coagulazione è meno dell’1% della quota normale. Questa forma si contraddistingue per la predisposizione del paziente a emorragie spontanee e apparentemente senza motivo. La situazione, in questi casi, è critica
Come si tratta l’emofilia
Essendo l’emofilia una malattia genetica, attualmente è incurabile. Ciò nonostante, grazie ai progressi della medicina nel campo dell’ingegneria genetica, il paziente emofilico riesce a condurre una vita abbastanza normale.
La scelta del trattamento più appropriato dipende dal grado di gravità dell’emofilia: mentre per gli individui con emofilia lieve si ricorre a un approccio terapeutico on-demand, per quelli con emofilia moderata-grave si ricorre ad un approccio terapeutico preventivo o di profilassi.
In riferimento all’approccio “on-demand”, tale trattamento viene somministrato al paziente solamente in occasione di un’emorragia prolungata in corso. Nei casi di emofilia A, si interviene con iniezioni di desmopressina (un ormone sintetico che stimola il rilascio e una maggiore permanenza in circolo del fattore VIII della coagulazione) o di octocog alfa (il fattore VIII della coagulazione ricombinante, il quale viene ottenuto in laboratorio con le tecniche di ingegneria genetica).
Nei casi di emofilia B, invece, si praticano iniezioni di nonacog alfa, ovvero il fattore IX della coagulazione ricombinante.
Per quanto concerne l’approccio preventivo (denominato anche profilassi anti-emofilia), esso prevede la somministrazione regolare di fattori della coagulazione ricombinanti, affinché il sangue del paziente ne contenga sempre una quota pronta all’uso.
Nei casi di emofilia A si somministra l’octocog alfa ogni 48 ore circa, mentre nei casi di emofilia B si praticano delle iniezioni di nonacog alfa almeno due volte a settimana.
Il trattamento dell’emofilia C merita una menzione particolare, in quanto questa tipologia di emofilia non richiede particolari trattamenti, se non in rare occasioni (ad esempio un’operazione chirurgica). In tali frangenti, al paziente si iniettano o il fattore XI della coagulazione ricombinante o del plasma fresco congelato.
Il quadro terapeutico per l’emofilia si completa con la somministrazione di antifibrinolitici (farmaci che impediscono la rottura dei coaguli di sangue) e le trasfusioni di sangue.

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